Sentenza n. 167 del 2024

SENTENZA N. 167

ANNO 2024

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA

Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 26, commi 20, lettera a), e 21, della legge della Regione Abruzzo 25 gennaio 2024, n. 4, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2024-2026 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2024)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 marzo 2024, depositato in cancelleria il 26 marzo 2024, iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;

udita nell’udienza pubblica del 24 settembre 2024 la Giudice relatrice Antonella Sciarrone Alibrandi;

udite l’avvocata dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocata Stefania Valeri per la Regione Abruzzo;

deliberato nella camera di consiglio del 24 settembre 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 26 marzo 2024, iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 26, commi 20, lettera a), e 21, della legge della Regione Abruzzo 25 gennaio 2024, n. 4, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2024-2026 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2024)», per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Nello specifico, il comma 20, lettera a), dell’impugnato art. 26 ha modificato il comma 1 dell’art. 1 della legge della Regione Abruzzo 18 aprile 2011, n. 10 (Norme sull’attività edilizia nella Regione Abruzzo), sostituendo le parole «alla data del 31.12.2021» con quelle «alla data del 31.12.2022». A seguito di detta modifica, l’art. 1, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011 risulta pertanto del seguente tenore: «[è] consentito il recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti alla data del 31.12.2022 previo rilascio del titolo edilizio abitativo».

Il successivo comma 21, del medesimo art. 26, è intervenuto, invece, sull’art. 2, comma 1, lettera a), della legge della Regione Abruzzo 1° agosto 2017, n. 40 (Disposizioni per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Destinazioni d’uso e contenimento dell’uso del suolo, modifiche alla L.R. 96/2000 ed ulteriori disposizioni), sostituendo, parimenti, le parole «al 31.12.2021» con quelle «al 31.12.2022». Per l’effetto, l’art. 2, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017 ora dispone che «[a]i fini dell’applicazione della presente legge, si definiscono: a) vani e locali accessori: i vani e i locali esistenti al 31.12.2022 […]».

1.1.– Ad avviso del ricorrente, «le descritte disposizioni […] ammettono, nell’ambito di iniziative di recupero del patrimonio edilizio esistente, l’utilizzazione residenziale di tali locali indipendentemente dai parametri urbanistici e delle densità edilizie», secondo un meccanismo «distorsivo» che consentirebbe l’originaria realizzazione di sottotetti e accessori senza creazione di volume urbanistico, salvo poi, proprio per effetto delle disposizioni impugnate, permetterne l’utilizzo a fini abitativi senza che sia richiesto il rispetto dei parametri urbanistico-edilizi.

Le disposizioni impugnate violerebbero conseguentemente l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della materia «governo del territorio», attraverso la violazione dei parametri interposti di cui agli artt. 2-bis e 14 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)» all’art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), e agli standard urbanistici di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro per l’interno, 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765).

Secondo quanto prospettato nel ricorso, alla luce delle evocate disposizioni del t.u. edilizia, alle regioni non sarebbe consentito introdurre con legge deroghe generalizzate e permanenti alla pianificazione urbanistica e agli standard stabiliti dal d.m. n. 1444 del 1968, salvo discipline temporanee ed eccezionali, poiché è la pianificazione a rappresentare la sede principale ove si opera la sintesi di molteplici interessi, anche di rilievo costituzionale, afferenti a ciascun ambito territoriale. D’altra parte, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, l’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, nel prevedere l’osservanza di limiti inderogabili nella formazione degli strumenti urbanistici, presupporrebbe la necessaria sussistenza del sistema della pianificazione del territorio (vengono a tal riguardo citate le sentenze n. 17 del 2023, n. 24 del 2022 e n. 219 e n. 170 del 2021). Corollario di quanto sopra – si deduce nel ricorso – è che tutti i singoli interventi di trasformazione dovrebbero trovare presupposto in un atto di pianificazione e rispettarne le prescrizioni.

In aggiunta, il ricorrente ricorda che, laddove vengano stabilite proroghe reiterate di disposizioni che prevedono una generalizzata possibilità di recupero volumetrico a fini abitativi, la giurisprudenza costituzionale (sono citate le sentenze n. 147 e n. 17 del 2023) ha statuito che tali normative «debbono essere necessariamente eccezionali e transitorie», per limitare il rischio di un aumento esponenziale del numero degli interventi assentibili, anche in difformità dai piani urbanistici, «in contraddizione con gli obiettivi di contenimento del consumo di suolo ed efficientamento energetico».

2.− Con memoria depositata il 30 aprile 2024, si è costituita in giudizio la Regione Abruzzo, chiedendo che la questione sia dichiarata, in primo luogo, inammissibile e, subordinatamente, non fondata.

2.1.− La resistente ha eccepito l’inammissibilità della questione per difetto di adeguata motivazione, evidenziando, in particolare, come il mero richiamo all’art. 14 del d.P.R. n. 380 del 2001, relativo alla fattispecie del permesso di costruire in deroga, non sia accompagnato da alcuna specifica argomentazione, «soprattutto sotto il profilo della relativa attinenza con il principio di inderogabilità degli strumenti urbanistici da parte delle Regioni».

2.2.– Quanto al merito, la Regione Abruzzo ritiene che la censura statale muova dall’erroneo presupposto secondo cui la normativa impugnata consentirebbe interventi di recupero edilizio in deroga, non solo agli strumenti urbanistici vigenti, ma anche ai diversi parametri di altezza, distanza e densità edilizia stabiliti dal d.m. n. 1444 del 1968.

Tale assunto sarebbe del tutto smentito dall’impianto normativo delle due discipline regionali incise dalle disposizioni impugnate – segnatamente la legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011 e la n. 40 del 2017 – la cui ratio consisterebbe nel promuovere e consolidare il recupero ai fini residenziali dei sottotetti, dei vani e dei locali accessori con l’obiettivo di razionalizzare e contenere il consumo di territorio. Nel perseguimento di detta finalità, il legislatore regionale avrebbe inteso derogare «esclusivamente ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali ed ai regolamenti edilizi comunali vigenti», dovendosi escludere ogni intento derogatorio degli standard urbanistici statali, come emergerebbe dall’espresso richiamo al rispetto del d.m. n. 1444 del 1968 contenuto nel comma 7, dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011.

Secondo la Regione, la portata giuridica vincolante riconosciuta alle disposizioni del d.m. n. 1444 del 1968 nei confronti del legislatore regionale non potrebbe riconoscersi anche ai parametri, eventualmente più restrittivi, fissati a livello locale dai comuni nell’esercizio della funzione di pianificazione. A tal riguardo, la difesa regionale richiama l’orientamento di questa Corte secondo cui il sistema di pianificazione non assurge a principio così assoluto e stringente da impedire alla legge regionale di prevedere interventi in deroga agli strumenti urbanistici locali, a condizione che siano rispettati i limiti statali in tema di distanze, tutela del paesaggio, igiene e salubrità (sono citate le sentenze n. 119 del 2020 e n. 208 del 2019).

La difesa regionale sostiene, poi, che la legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 19 della legge della Regione Abruzzo 16 giugno 2020, n. 14 (Disposizioni contabili per la gestione del bilancio 2020/2022, modifiche ed integrazioni a leggi regionali ed ulteriori disposizioni urgenti ed indifferibili), precisa ora, al comma 4-bis dell’art. 1, che il recupero abitativo dei sottotetti è consentito solo in deroga agli «strumenti urbanistici comunali» vigenti e adottati, oltre che ai regolamenti edilizi vigenti. La novella normativa, sottolinea la resistente, è stata introdotta al precipuo scopo di superare, attraverso una nuova stesura della disposizione, la questione di legittimità promossa nei confronti di quella previgente – come introdotta dall’art. 10, comma 1, lettera c), della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2020, n. 3, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (legge di stabilità regionale 2020)» – dal Presidente del Consiglio dei ministri, che, in ragione del carattere satisfattivo della modifica, ha poi rinunciato in parte qua all’impugnativa allora proposta, determinando una declaratoria di parziale cessata materia del contendere da parte di questa Corte (sentenza n. 118 del 2021).

Inoltre, la resistente ricorda che pure le disposizioni della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017 sono state scrutinate da questa Corte, che, con la sentenza n. 245 del 2018, ha ritenuto non fondate le questioni promosse con riguardo all’art. 4, comma 4, della citata legge regionale, ai sensi del quale il recupero dei vani e dei locali accessori è possibile «anche in deroga ai limiti e prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti, ovvero in assenza dei medesimi».

Alla luce di quanto sopra, la Regione esclude quindi la fondatezza della prospettata illegittimità costituzionale.

Quanto alle ripetute proroghe normative di interventi edilizi in deroga alla pianificazione urbanistica comunale, recentemente stigmatizzate da questa Corte con le sentenze n. 147 e n. 17 del 2023 richiamate nel ricorso, la resistente ritiene che non si possa pervenire alle medesime conclusioni di illegittimità costituzionale per le due norme regionali oggi impugnate.

Secondo la Regione Abruzzo, infatti, la portata derogatoria delle discipline regionali in esame sarebbe limitata a un arco temporale più ristretto (cinque anni) rispetto a quello, ben più esteso (tredici anni) e censurato da questa Corte, di cui alla normativa pugliese e siciliana, potendosi quindi «ritenere operanti [per il caso all’esame] i caratteri di temporaneità ed eccezionalità che legittimano la deroga al principio di pianificazione urbanistica».

Fermo quanto sopra, la resistente ritiene che le disposizioni impugnate debbano valutarsi alla luce del contesto politico, sociale e giuridico in cui sono maturate, inserendosi in una politica regionale di contenimento del consumo di suolo da attuare mediante la valorizzazione delle attività di recupero del patrimonio edilizio esistente e di un più efficace riutilizzo dei volumi esistenti, di cui sarebbe espressione la recentissima legge della Regione Abruzzo 20 dicembre 2023, n. 58 (Nuova legge urbanistica sul governo del territorio) che, introducendo un nuovo modello di sviluppo urbano fondato sul contenimento del consumo di suolo, disincentiva le nuove costruzioni a favore di misure di recupero, riqualificazione e rigenerazione del patrimonio esistente.

Inoltre – ritiene ancora la Regione Abruzzo – gli interventi di recupero di sottotetti e locali accessori sarebbero in linea con il maggior favor dimostrato dal legislatore statale per il recupero del patrimonio esistente, attraverso la previsione di incentivi fiscali, quali il superbonus, ex art. 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, gli ecobonus e il sisma bonus, disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 (Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2013, n. 90. Le disposizioni impugnate sarebbero, peraltro, anche coerenti con l’evoluzione legislativa subita dal concetto di “ristrutturazione edilizia”, dal momento che l’art. 3, comma 1, lettera d), t.u. edilizia, come novellato dall’art. 10, comma 1, lettera b), n. 2), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, include ora – con riguardo alle zone sottoposte a tutela, ai centri storici, agli ambiti di interesse storico e architettonico – anche interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, diversi prospetti, diverso sedime e diversità di caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.

Per la resistente, la norma regionale, attraverso la proroga del termine di esistenza dell’edificio oggetto di recupero al 31 dicembre 2022, mirerebbe a sfruttare per fini abitativi quelle volumetrie “tecniche” di edifici abbattuti e ricostruiti, venute a esistenza solo recentemente per effetto della nuova definizione di “ristrutturazione edilizia” e che, in assenza della proroga, rimarrebbero escluse dalla deroga, pur trattandosi di edifici “in astratto” risalenti a epoca anteriore.

Inoltre, secondo la resistente, le proroghe oggetto di contestazione consentirebbero anche agli edifici danneggiati dagli eventi sismici del 2009 e del 2016, estranei all’ambito applicativo della previsione di recupero dei sottotetti in ragione della loro sottoposizione al piano di ricostruzione post sisma quali “nuovi edifici”, di avvalersi della misura di recupero a fini abitativi delle volumetrie tecniche.

In ultimo, la Regione Abruzzo segnala due disposizioni di due leggi regionali – rispettivamente l’art. 63 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, recante «Legge per il governo del territorio» e l’art. 6 di quella della Regione Piemonte 4 ottobre 2018, n. 16, recante «Misure per il riuso, la riqualificazione dell’edificato e la rigenerazione urbana» – che, sebbene abbiano stabilizzato e reso permanente il recupero volumetrico dei sottotetti, sono rimaste immuni dalle censure del Governo.

3.– Ai sensi dell’art. 10, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, è stato infine formulato un quesito alle parti, che vi hanno dato risposta nel corso dell’udienza pubblica, insistendo, al termine dei propri interventi, per l’accoglimento delle conclusioni formulate nei rispettivi atti.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 26, commi 20, lettera a), e 21, della legge reg. Abruzzo n. 4 del 2024, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Le predette disposizioni regionali hanno, in particolare, sostituito il termine del 31 dicembre 2021, contenuto sia nell’art. 1, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011, sia nell’art. 2, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017, con quello del 31 dicembre 2022.

Per effetto di tale modifica, l’art. 1, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 10 del 2011 risulta del seguente tenore: «[è] consentito il recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti alla data del 31.12.2022 previo rilascio del titolo edilizio abitativo»; mentre l’art. 2, comma 1, lettera a), della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2017 recita «[a]i fini dell’applicazione della presente legge, si definiscono: a) vani e locali accessori: i vani e i locali esistenti al 31.12.2022 […]».

1.1.– Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della materia «governo del territorio» attraverso la violazione dei parametri interposti di cui agli artt. 2-bis e 14 t.u. edilizia, all’art. 41-quinquies della legge urbanistica e agli standard urbanistici di cui al d.m. n. 1444 del 1968, in quanto permetterebbero la generalizzata possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente «indipendentemente dai parametri urbanistici e delle densità edilizie».

2.– La Regione Abruzzo, costituitasi in giudizio, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della questione per difetto di adeguata motivazione.

Sul punto, va precisato che, sebbene la Regione si sia espressa in termini di singola questione, con il presente ricorso sono state, invero, promosse due distinte questioni di legittimità costituzionale, l’una riguardante il comma 20, lettera a) dell’art. 26 della legge reg. Abruzzo n. 4 del 2024 e l’altra il comma 21 del medesimo articolo.

Con riferimento ad entrambe le questioni, l’eccezione è fondata.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, «l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento dell’impugnazione si pone in termini ancora più rigorosi nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (sentenza n. 20 del 2021; in senso analogo, sentenze n. 123 del 2024 e n. 170 del 2021). Pertanto, il ricorrente ha l’onere non soltanto di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione, ma anche quello di allegare, a sostegno delle questioni proposte, una motivazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa (tra le tante, sentenze n. 142, n. 141 e n. 133 del 2024).

Il Presidente del Consiglio dei ministri non ha adempiuto a tale onere motivazionale.

Il ricorso dello Stato, infatti, pur individuando le disposizioni impugnate e i parametri, costituzionali e interposti, di cui si lamenta la lesione, manca tuttavia di una chiara indicazione delle ragioni del denunciato contrasto, venendo esclusivamente richiamato il contenuto di alcuni precedenti di questa Corte e i principi ivi affermati, senza alcuna disamina della portata lesiva delle disposizioni impugnate e delle ragioni di conflitto con i parametri evocati.

Più precisamente, l’impugnazione concerne due disposizioni regionali che estendono il termine – già più volte prorogato – fissato nel contesto di altre due normative della Regione Abruzzo, riguardanti il recupero dei sottotetti e del patrimonio edilizio. Tuttavia, né le disposizioni impugnate, né quelle da queste direttamente incise, contengono un sia pur minimo riferimento all’asserita deroga agli strumenti e agli standard urbanistici; deroga che è, invero, prevista in altri e diversi articoli delle due leggi regionali abruzzesi, la n. 11 del 2010 e la n. 40 del 2017, con i quali il ricorrente omette di confrontarsi.

Il Governo si limita ad affermare apoditticamente che le disposizioni impugnate «ammettono, nell’ambito di iniziative di recupero del patrimonio edilizio esistente, l’utilizzazione residenziale di tali locali indipendentemente dai parametri urbanistici e delle densità edilizie». Senza dar conto dei fondamenti normativi di tale assunto, mediante una ricostruzione del quadro normativo in cui si inseriscono le disposizioni impugnate, il ricorrente contesta che «[t]ale meccanismo distorsivo consente, dapprima, di realizzare sottotetti e accessori senza che facciano volume urbanistico, salvo poi, per effetto di norme come quella in esame, l’utilizzo per uso abitativo, senza che sia richiesto il rispetto di parametri urbanistico-edilizi». Manca del tutto, quindi, un’argomentazione di merito, seppure sintetica, a sostegno dell’asserita deroga agli standard urbanistici, tanto più alla luce del complessivo sistema normativo regionale.

Inoltre, con precipuo riferimento all’estensione temporale di un anno del termine contemplato in precedenti disposizioni che già ammettevano i descritti interventi di recupero, a essa il ricorrente accenna unicamente nella parte conclusiva del ricorso, mediante il richiamo alle sentenze n. 147 e n. 17 del 2023 di questa Corte, senza però spiegare adeguatamente le ragioni per le quali i principi ivi espressi possano attagliarsi anche allo scrutinio delle norme oggetto del presente giudizio.

La segnalata carenza motivazionale rende dunque inammissibili le questioni promosse.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 26, commi 20, lettera a), e 21, della legge della Regione Abruzzo 25 gennaio 2024, n. 4, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2024-2026 della Regione Abruzzo (Legge di stabilità regionale 2024)», promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 settembre 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2024