SENTENZA N. 6
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO;
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 3, comma 2, e 4 della legge della Regione Calabria 19 novembre 2020, n. 24 (Norme per l’utilizzo dei farmaci nelle strutture pubbliche e private), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 18-21 gennaio 2021, depositato in cancelleria il 26 gennaio 2021, iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2021.
udito nell’udienza pubblica del 24 novembre 2021 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
udito l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 18-21 gennaio 2021 e depositato il 26 gennaio 2021 (reg. ric. n. 4 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 3, comma 2, e 4 della legge della Regione Calabria 19 novembre 2020, n. 24 (Norme per l’utilizzo dei farmaci nelle strutture pubbliche e private): quanto agli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in riferimento alla competenza legislativa concorrente in materia di principi fondamentali di «coordinamento della finanza pubblica»; quanto all’art. 1, comma 2, per lesione, altresì, dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in riferimento alla competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile»; quanto all’art. 3, comma 2, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali in materia di «professioni», e dell’art. 3 Cost., per lesione del principio di uguaglianza.
1.2.– In ordine alla prima censura, promossa nei confronti degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4 della legge regionale impugnata, la difesa statale illustra innanzitutto il contenuto delle disposizioni.
L’art. 1, comma 1, prevede la presenza obbligatoria della figura professionale del farmacista negli istituti di ricovero, di riabilitazione, nelle residenze sanitarie assistite (RSA), negli hospice, nelle residenze socio sanitarie assistite (RSSA), presso i servizi per le tossicodipendenze (SERT), negli ospizi, nelle case protette e comunità terapeutiche, case di cura private e in tutte le altre strutture pubbliche e private della Regione ove sono utilizzati farmaci, con inquadramento nell’organigramma della struttura interessata secondo le dimensioni della struttura stessa.
L’art. 1, comma 2, stabilisce che l’esercizio della professione di farmacista presso le suddette strutture è consentito a coloro che abbiano conseguito il titolo di abilitazione all’esercizio professionale e siano iscritti al relativo ordine professionale.
L’art. 4, infine, allo scopo di garantire la predetta obbligatorietà della presenza del farmacista nelle strutture socio-sanitarie della Regione, determina i criteri in relazione al numero dei posti letto della struttura interessata: un farmacista ogni sessanta posti letto, due o più farmacisti nelle strutture che hanno più di sessanta posti letto, un farmacista nelle strutture con ricezione inferiore.
Preliminarmente, la difesa statale evidenzia che la Regione Calabria soggiace al piano di rientro dal disavanzo sanitario, la cui attuazione è sottoposta ad una gestione commissariale: al Commissario ad acta sono assegnati tutti gli interventi necessari atti a garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) nei termini indicati dai Tavoli di verifica, ivi compresa l’attuazione dei programmi operativi che comprendono, tra le diverse azioni, la razionalizzazione e il contenimento della spesa per il personale in coerenza con l’effettivo fabbisogno, in applicazione della normativa vigente in materia.
La difesa statale rappresenta che tale normativa statale in materia di spesa di personale è dettata dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60.
L’art. 11 di detto decreto-legge, rubricato «Disposizioni in materia di personale e di nomine negli enti del Servizio sanitario nazionale», stabilisce: al comma 1, a decorrere dal 2019, un nuovo parametro del tetto di spesa di personale; al comma 4, che le Regioni indirizzano e coordinano la spesa di personale dei propri enti del servizio sanitario entro il predetto nuovo parametro di spesa confermando, altresì, per le medesime Regioni le disposizioni di cui all’art. 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)» (verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dalle disposizioni di cui ai commi 71 e 72 della medesima legge n. 191 del 2009 nell’ambito del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all’art. 12 dell’intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano).
Ciò premesso, secondo la difesa statale, «le disposizioni regionali in esame (artt. 1, commi 1 e 2, e 4) presentano profili di illegittimità costituzionale laddove, nel disporre, nel loro combinato disposto, l’obbligatorietà (nei sensi sopra decritti) della figura del farmacista abilitato in tutte le strutture sanitarie pubbliche, impongono alle predette strutture di prevedere tale figura professionale nel loro organigramma a prescindere dall’effettivo fabbisogno di personale, che non può che essere adottato in coerenza con l’effettivo fabbisogno assistenziale che deve essere definito in coerenza con il regolamento adottato con decreto del Ministero della Salute del 2 aprile 2015 n. 70, e con la metodologia adottata e approvata con i Tavoli di verifica».
Il ricorrente prosegue assumendo che la prevista obbligatorietà di garantire la presenza del farmacista non assicura «il rispetto della cornice economico-finanziaria programmata nel piano di rientro dal disavanzo sanitario», e, pertanto, le disposizioni impugnate «sono suscettibili di avere risvolti onerosi e, conseguentemente, di porsi in contrasto con l’art. 117, comma 3, della Costituzione, atteso che le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica». In proposito viene richiamata la giurisprudenza costituzionale relativa ai limiti che incontra l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della gestione del servizio sanitario alla luce degli obiettivi di finanza pubblica e di contenimento della spesa, «in un “quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario” (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007)», e alla conseguente possibilità per il legislatore statale di «“legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari” (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)» (è richiamata la sentenza n. 93 del 2013).
1.3.– La disposizione dell’art. 1, comma 2, della legge reg. Calabria n. 24 del 2020 sarebbe altresì lesiva, secondo il ricorrente, dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. «che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi)».
Ciò in quanto «l’inclusione del farmacista abilitato nelle predette strutture pubbliche in luogo del farmacista specializzato, introduce una deroga al sistema di reclutamento previsto per l’accesso al SSN, tenuto conto che l’art. 32 del DPR n. 483/1997 (“Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale”, che fa corpo con l’art. 18 del d.lgs. n. 502/92) prevede quale requisito specifico di ammissione per l’accesso alla dirigenza del ruolo sanitario il possesso della specializzazione nella disciplina oggetto del concorso stesso ovvero in disciplina equipollente o affine».
La difesa statale evidenzia che «[l]a normativa vigente consente agli specializzandi regolarmente iscritti al terzo anno del corso di formazione specialistica solo di partecipare alle procedure concorsuali per l’accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina bandita, collocandoli, all’esito positivo delle medesime procedure, in graduatoria separata. L’eventuale assunzione a tempo indeterminato viene, comunque, subordinata al conseguimento del titolo di specializzazione e all’esaurimento della pertinente graduatoria dei medesimi professionisti già specialisti alla data di scadenza del bando».
1.4.– Infine, il ricorrente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della legge regionale impugnata, in riferimento alla competenza legislativa concorrente prevista dall’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrasterebbe con i principi fondamentali in materia di «professioni».
L’art. 3 della legge reg. Calabria n. 24 del 2020 prevede: «1. Il farmacista concorre ad ottimizzare le risorse della struttura attraverso la scelta nell’acquisto dei farmaci e dispositivi medici e coopera per garantire il benessere e la cura del paziente. 2. A tal fine, il farmacista si occupa di: a) gestire i farmaci nella struttura; b) ordinare i medicinali e tutto il materiale sanitario, dispositivi medici, medicazioni e dispositivi nutrizionali; c) coordinare i rapporti con i fornitori; d) prendere visione e fare consulenza della terapia farmacologica da adottare sul paziente; e) affiancare i medici nel redigere ed integrare la terapia farmacologica nonché controllare l’aderenza terapeutica; f) verificare l’interazione tra farmaco-farmaco, farmaco-cibo, farmaco-disturbi comportamentali; g) dispensare terapia farmacologica decisa dal medico e consegnare la stessa agli infermieri per la somministrazione».
L’Avvocatura dello Stato ritiene che la disposizione dettata dal comma 2 dell’art. 3 «non risulta in linea con l’art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 258 del 1991 che individua le attività cui è abilitato il farmacista nei seguenti termini: “Ai cittadini degli Stati membri delle Comunità europee che sono in possesso dei diplomi, certificati ed altri titoli di cui all’allegato del presente decreto è riconosciuto il titolo di farmacista ed è consentito l’esercizio delle seguenti attività professionali: a) preparazione della forma farmaceutica dei medicinali; b) fabbricazione e controllo dei medicinali; c) controllo dei medicinali in un laboratorio di controllo dei medicinali; d) immagazzinamento, conservazione e distribuzione dei medicinali nella fase di commercio all’ingrosso; e) preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali nelle farmacie aperte al pubblico; f) preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali negli ospedali; g) diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medicinali”».
Nel confrontare la disposizione regionale censurata con la ricordata previsione statale, il ricorrente evidenzia che «la disposizione regionale finisce per attribuire al farmacista l’esercizio di attività quali: prendere visione e fare consulenza della terapia farmacologica da adottare sul paziente, controllare l’aderenza terapeutica, verificare l’interazione tra farmaco-farmaco, farmaco-cibo, farmaco disturbi comportamentali, non previste dalla richiamata disposizione statale».
Conseguentemente, il ricorrente assume che la censurata disposizione regionale «nell’attribuire al farmacista l’esercizio di attività ulteriori, diverse e più ampie rispetto a quelle cui è autorizzato il farmacista dal legislatore statale, contrasta con l’art. 1, comma 1, del d.lgs. N. 258/1991 e viola i principi fondamentali in materia di professioni di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione».
Sul punto, il ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale secondo cui «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio per cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi titoli abilitanti, è riservata allo Stato, per il suo carattere necessariamente unitario (cfr. ex plurimis sentenze n. 153 del 2006, n. 300 del 2007, e più di recente sent. n. 328 del 2009, ove si legge: “Questa Corte ha ripetutamente affermato che ‘la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale’ (sentenza n. 138 del 2009, nonché, fra le altre, sentenze n. 57 del 2007, n. 424 del 2006 e n. 153 del 2006)”».
Secondo la difesa dello Stato «[è] palese la violazione di siffatti principi laddove la legge regionale “estende”, nei sensi sopra indicati, le attività esercitabili dal farmacista, peraltro penetrando nell’ambito dell’esercizio di funzioni proprie di diverse categorie professionali (con ulteriore violazione, quindi, delle competenze statali)».
1.4.1.– Da ultimo, il ricorrente afferma che la medesima disposizione impugnata sarebbe, altresì, lesiva del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., «non garantendo l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano la professione del farmacista».
2.– La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 4 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 3, comma 2, e 4 della legge della Regione Calabria 19 novembre 2020, n. 24 (Norme per l’utilizzo dei farmaci nelle strutture pubbliche e private) in riferimento complessivamente agli artt. 3, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.
1.1.– La prima questione è promossa nei confronti del combinato disposto degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4 della legge reg. Calabria n. 24 del 2020.
L’art. 1, comma 1, prevede la presenza obbligatoria della figura professionale del farmacista negli istituti di ricovero, di riabilitazione, nelle residenze sanitarie assistite (RSA), negli hospice, nelle residenze socio sanitarie assistite (RSSA), presso i servizi per le tossicodipendenze (SERT), negli ospizi, nelle case protette e comunità terapeutiche, case di cura private e in tutte le altre strutture pubbliche e private della Regione ove sono utilizzati farmaci, con inquadramento nell’organigramma della struttura interessata secondo le dimensioni della struttura stessa; il comma 2 del medesimo art. 1 stabilisce che l’esercizio della professione di farmacista presso le suddette strutture è consentito a coloro che abbiano conseguito il titolo di abilitazione all’esercizio professionale e siano iscritti al relativo ordine professionale nel rispetto delle normative vigenti in materia; l’art. 4 impone che debba esservi un farmacista ogni sessanta posti letto, due o più farmacisti nelle strutture che hanno più di sessanta posti letto, un farmacista nelle strutture con ricezione inferiore.
Secondo il ricorrente, il combinato disposto delle predette disposizioni regionali violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento alla competenza statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica», in quanto l’obbligo di garantire la presenza del farmacista nelle strutture pubbliche indicate dall’art. 1, comma 1, non assicura il rispetto della cornice economico-finanziaria programmata nel piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario regionale, e si pone in contrasto con le disposizioni statali in materia di contenimento della spesa di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale dettate dall’art. 11, commi 1 e 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, che costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica.
1.2.– L’art. 1, comma 2, della legge reg. Calabria n. 24 del 2020 viene, altresì, impugnato in via autonoma per violazione della competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile »di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Ad avviso della difesa statale, la previsione secondo cui l’esercizio della professione del farmacista presso le strutture di cui al comma 1 è consentita a coloro che abbiano conseguito il titolo di abilitazione all’esercizio professionale introdurrebbe una deroga alla disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale dettata dall’art. 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), che prevede il possesso, invece, della specializzazione nella disciplina oggetto del concorso.
1.3.– Infine, il ricorrente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della medesima legge reg. Calabria n. 24 del 2020.
La disposizione, nell’attribuire al farmacista l’esercizio di attività ulteriori, diverse e più ampie rispetto a quelle previste dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 258 (Attuazione delle direttive n. 85/432/CEE, n. 85/433/CEE e n. 85/584/CEE, in materia di formazione e diritto di stabilimento dei farmacisti, a norma dell'art. 6 della legge 30 luglio 1990, n. 212), si porrebbe in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato la competenza in ordine ai principi fondamentali in materia di «professioni», nella fattispecie quella di farmacista, e con l’art. 3 Cost., in riferimento al principio di uguaglianza, poiché non garantisce l’uniformità delle regole fondamentali di diritto che disciplinano la professione del farmacista nel territorio nazionale.
2.– Le questioni sono fondate.
3.– La legge reg. Calabria n. 24 del 2020, costituita da sette articoli, interviene in materia di “gestione del farmaco” nelle strutture pubbliche e private del settore socio-sanitario regionale.
Nella relazione descrittiva della proposta di legge la Regione fornisce elementi per ricostruire le finalità dell’intervento normativo che però trova insuperabili ostacoli di legittimità costituzionale.
In tale relazione si afferma che la «presente legge ha lo scopo di migliorare l’organizzazione delle strutture pubbliche e private attraverso l’inserimento nelle stesse di figure professionali, i farmacisti abilitati, preposte alla gestione del farmaco» e che l’intervento normativo proposto dalla Regione innalzerebbe «in termini di efficienza ed efficacia delle prestazioni, l’organizzazione sanitaria degli istituti di ricovero che hanno l’obiettivo di garantire un’ottimale e funzionale servizio a tutela della salute e del benessere del paziente».
Nella medesima relazione si afferma poi che la previsione della figura del farmacista abilitato come unica figura professionale deputata ad assicurare appropriatezza terapeutica, razionale e ottimale utilizzo dei farmaci, intende sopperire all’anomala situazione in atto, poiché nelle strutture sanitarie la gestione dei farmaci è rimessa ai “caposala” infermieri, circostanza che determinerebbe «frequenti errori nella gestione, somministrazione e controllo della terapia farmaceutica» che si tradurrebbero in maggiori oneri per il sistema sanitario calabrese.
La finalità dell’intervento è, dunque, descritta come tesa a «potenziare il ruolo del farmacista all’interno del sistema sanitario per valorizzare la funzione socio sanitaria ed il ruolo professionale che svolge nella tutela della salute pubblica».
L’intervento si fonda sulle due seguenti misure: l’obbligatorietà della presenza del farmacista abilitato in tutte le predette strutture in cui si utilizzano farmaci; la ridefinizione dei compiti di tale figura professionale.
4.– Il ricorso, dunque, investe proprio tali specifiche misure adottate dal legislatore regionale con le disposizioni impugnate.
4.1.– È innanzitutto fondata la prima censura, promossa nei confronti del combinato disposto degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, per violazione delle disposizioni statali recanti principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica».
Infatti il settore sanitario della Regione Calabria è sottoposto dal 2010 al piano di rientro dal disavanzo finanziario e alla conseguente gestione commissariale, disposta ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, recante «Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale», convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n. 222; dell’art. 2, commi 78 e seguenti, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»; nonché dell’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante «Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».
I compiti e gli obiettivi funzionali per l’attuazione del piano di rientro sono stati assegnati al Commissario ad acta con delibera del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 luglio 2019 per l’attuazione dei programmi operativi 2019-2021, che prevedeva al punto 8, fra gli interventi demandati al Commissario, la: «razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale in coerenza con l’effettivo fabbisogno in applicazione della normativa vigente in materia»; compiti poi confermati nel punto 8 della delibera del Consiglio dei ministri 27 novembre 2020, con cui è stato nominato il nuovo Commissario ad acta.
Alla luce di tale quadro regolatorio risulta evidente il contrasto delle disposizioni regionali in esame con le competenze della gestione commissariale in materia di contenimento della spesa per il personale come definita dalla ricordata delibera del Consiglio dei ministri e, al contempo, è altresì evidente il contrasto con le disposizioni dettate dall’art. 11, commi 1 e 4, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, in tema di tetto di spesa per il personale nel settore sanitario.
La previsione dell’obbligatoria presenza di personale farmacista, opportunamente inquadrato nell’organigramma secondo le dimensioni della struttura, si configura difatti come un preciso obbligo riferito alle amministrazioni pubbliche interessate per l’assunzione di farmacisti, al di fuori della programmazione del fabbisogno di personale nel servizio sanitario.
Tale obbligo viola i ricordati vincoli normativi statali volti al contenimento delle spese per il personale e del relativo reclutamento, interferendo conseguentemente con le competenze della gestione commissariale.
Infatti, benché nella relazione finanziaria alla proposta di legge si affermi che l’intervento ha «natura programmatoria e riguarda profili gestionali-organizzativi delle strutture sanitarie, elencate nell’articolo 1» tale previsione non vale ad escludere l’onere finanziario a carico del bilancio regionale.
Dal tenore letterale delle disposizioni in esame, difatti, si evince il carattere immediatamente precettivo e cogente dell’intervento, volto all’assunzione dei farmacisti.
Questa Corte ha ripetutamente ravvisato la non conformità all’ordinamento costituzionale di interventi legislativi adottati dalle Regioni in costanza di commissariamento del settore sanitario, ove incidenti sulla spesa per il personale, a motivo della interferenza con le prerogative del Commissario, e del conseguente contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica, configurati dal complesso normativo statale che disciplina i piani di rientro dal disavanzo del settore sanitario e il regime del commissariamento (ex plurimis, sentenze n. 166 del 2020 e n. 266 del 2016).
Ne consegue la illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate per violazione del dedotto correlato parametro costituzionale.
4.2.– Parimenti è fondata l’ulteriore questione promossa in via autonoma nei confronti dell’art. 1, comma 2, della legge reg. Calabria n. 24 del 2020, per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile».
La norma regionale contrasta, infatti, con l’art. 32 del d.P.R. n. 483 del 1997, norma regolamentare che fa corpo con il d.lgs. n. 502 del 1992 e che prevede il possesso della specializzazione nella disciplina oggetto del concorso come requisito per potervi partecipare.
La modifica, da parte della disposizione regionale impugnata, di tale requisito previsto dal legislatore statale altera pertanto la necessaria unitarietà a livello nazionale della disciplina del rapporto di impiego de quo come definita dal concorso della fonte normativa con quella contrattuale (Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Sanità, periodo 2016-2018, sottoscritto il 21 maggio 2018 e tutt’ora vigente, e in particolare gli artt. 1 e 24).
4.3.– Da ultimo, risultano parimenti fondati i dubbi di legittimità costituzionale avanzati dal ricorrente nei confronti dell’art. 3, comma 2, della legge reg. Calabria n. 24 del 2020.
La disposizione impugnata attribuisce al farmacista l’esercizio di attività ulteriori, diverse e più ampie rispetto a quelle previste dalla disciplina statale, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di «professioni».
La lesione emerge dal confronto tra la disposizione regionale impugnata e quella statale dedotta come parametro interposto, in quanto la prima attribuisce al farmacista l’esercizio delle seguenti attività non contemplate dal legislatore nazionale: «prendere visione e fare consulenza della terapia farmacologica da adottare sul paziente; […] controllare l’aderenza terapeutica; verificare l’interazione tra farmaco-farmaco, farmaco-cibo, farmacodisturbi comportamentali» (art. 3, comma 2, lettere d, e ed f, della legge reg. Calabria n. 24 del 2020).
Il ricorrente richiama l’art. 1 del d.lgs. n. 258 del 1991, attuativo di direttive europee in «materia di formazione e diritto di stabilimento dei farmacisti».
Questa Corte rileva che tale disciplina è stata interessata da nuovi interventi normativi, anch’essi di recepimento di direttive europee emanate in materia.
Si tratta del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania) e successive modificazioni e integrazioni.
Nello specifico, l’art. 51 (Esercizio delle attività professionali di farmacista), come modificato dal decreto legislativo 28 gennaio 2016, n. 15, recante «Attuazione della direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (“Regolamento IMI”)», nel confermare sostanzialmente l’elenco di attività già contemplato dall’art. 1 del d.lgs. n. 258 del 1991, ha introdotto le seguenti significative attività: consigli sui medicinali in quanto tali, compreso il loro uso corretto, segnalazione alle autorità competenti degli effetti indesiderati dei prodotti farmaceutici, accompagnamento personalizzato dei pazienti che praticano l’automedicazione, contributo a campagne istituzionali di sanità pubblica.
Le predette innovazioni si inseriscono nel processo di ampliamento delle attività attribuite al farmacista e, nello specifico, al “farmacista ospedaliero” – in relazione al quale è prevista la specifica specializzazione in “farmacia ospedaliera” – o comunque operante nelle strutture socio-sanitarie e nell’assistenza farmaceutica territoriale.
Anche la ricordata evoluzione della disciplina comunitaria in materia, pur ampliando le attività professionali del farmacista, non può ritenersi ricomprendere le previsioni della legge impugnata.
4.4.– Né può affermarsi che nella fattispecie la Regione Calabria abbia disciplinato aspetti riconducibili alla propria competenza concorrente in materia.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, tale competenza deve esercitarsi esclusivamente in riferimento ad aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale, giacché la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio per cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata allo Stato, per il suo carattere necessariamente unitario (ex plurimis, sentenze n. 328 del 2009, n. 300 del 2007 e n. 153 del 2006).
Nella fattispecie, invece, le innovative attività contemplate dal legislatore regionale non integrano aspetti riconducibili a profili di competenza regionale e non costituiscono mere puntualizzazioni delle “mansioni” in cui si articolano le diverse attività del farmacista previste dal legislatore nazionale, in quanto configurano nuove e più ampie competenze di tale figura professionale che, oltretutto, interagiscono con quelle assegnate dall’ordinamento ad altre figure dell’area sanitaria.
5.– Il riconoscimento dell’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. conduce a ritenere assorbita la dedotta violazione dell’art. 3 Cost., priva del resto di una sua autonomia funzionale, in quanto costituisce il portato ovvero l’effetto conseguenziale della lesione del principio di uniforme regolazione statale sul territorio nazionale della professione del farmacista.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 3, comma 2, e 4 della legge della Regione Calabria 19 novembre 2020, n. 24 (Norme per l’utilizzo dei farmaci nelle strutture pubbliche e private).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 novembre 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2022.